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BREVE STORIA DELL’AUTISMO

Il termine autismo fu stato coniato da Eugen Bleuler nel 1911, decenni prima che tale sindrome venisse considerata un disturbo. Deriva dalla parola greca “autos” che significa “stesso”, e nelle intenzioni di Bleuler stava ad indicare un atteggiamento egoriferito. Nella visione di Bleuler, l’autismo avrebbe dovuto essere considerato un sintomo comportamentale della schizofrenia in cui il mondo reale faceva posto a fantasie e allucinazioni (Evans, 2013). 

La storia ufficiale dell’autismo fa risalire la prima descrizione del disturbo a Leo Kanner e Hans Asperger, che in maniera indipendente, negli anni Quaranta del Novecento, si servirono del termine autismo per descrivere una condizione medica sconosciuta. Tale narrazione, però, occulta il contributo di Grunya Efimovna Sukhareva che descrisse il quadro clinico di un caso di autismo ad alto funzionamento già nel 1926. Al contrario di Kanner e Asperger, Sukhareva non ricorse al termine autismo nei suoi primi lavori. 

In un primo momento la diagnosi di autismo non si basava su criteri diagnostici univoci, pertanto poteva capitare che studiose e studiosi diversi attribuissero più o meno importanza a sintomi specifici. Il concetto di autismo è cambiato nel corso del tempo non solo grazie alla ricerca e alla pratica clinica, ma anche grazie ai mutamenti avvenuti in ambito sociale e politico. I due principali sistemi di classificazione, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders dell’American Psychiatric Association e l’International and Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, negli ultimi anni del XX secolo decisero di inserire la forma più tipica di autismo, di tipo Kanner, nella più ampia categoria dei disturbi pervasivi dello sviluppo. Questa categoria comprendeva anche la sindrome di Asperger, termine utilizzato per descrivere individui con autismo ad alto funzionamento, la sindrome di Rett, disturbo disintegrativo dell’infanzia,  e disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato. 

Una speciale categoria di disturbi dello spettro autistico è stata riconosciuta nei sistemi diagnostici DSM-5 (APA, 2013) e ICD-11 (WHO, 2018). Tale categoria ha cominciato ad essere utilizzata a partire dal 2022. In entrambi i sistemi di classificazione, i disturbi dello spettro autistico appartengono a un più ampio gruppo di disturbi del neurosviluppo. Oggi il termine “disturbi pervasivi dello sviluppo” non viene più utilizzato. Le sottocategorie dei disturbi pervasivi dello sviluppo (ad es., autismo tipico e atipico, sindrome di Asperger e PDD-NOS) fanno parte di un’unica categoria e non possono più essere diagnosticati separatamente. A dispetto delle enormi variazioni rispetto al grado di supporto necessario, al livello di funzionamento intellettivo, adattivo o del linguaggio, patologie affini e altre caratteristiche, tutte le persone con autismo hanno delle difficoltà nel comunicare, nonché dei comportamenti stereotipati e ripetitivi.


PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELL’AUTISMO

Disturbo della comunicazione sociale

I disturbi della comunicazione sociale si manifestano attraverso delle difficoltà nel raggiungere una reciprocità socio-emotiva, dei deficit nella comunicazione non verbale, nonché problemi nell’instaurare, mantenere e comprendere le relazioni fra le persone. 

La reciprocità socio-emotiva è la complessa abilità degli individui di impegnarsi in un’interazione sociale fra due o più persone. 

Leach e LaRocque (2011) sostengono che “gli individui che mostrano reciprocità sociale sanno discernere i segnali emotivi e interpersonali altrui” (p. 151). Le persone con disturbi dello spettro autistico hanno delle difficoltà nel comprendere e monitorare i segnali socio-emotivi dalla prima infanzia, ed è per questo che spesso reagiscono in maniera inadeguata ai tentativi delle altre persone di comunicare con loro. Inoltre, occorre tenere a mente che molte persone con autismo sono soggetti non verbali o minimamente verbali, il che complica l’instaurarsi di una comunicazione produttiva. I deficit della reciprocità socio-emotiva possono manifestarsi in diversi modi: una persona con disturbi dello spettro autistico non avvia mai una conversazione con altre persone, non reagisce o reagisce in maniera inadeguata ai tentativi che vengono fatti di comunicare con lei; parla senza sosta di un argomento senza comprendere che gli altri individui potrebbero non essere interessati; non discerne lo stato emotivo del proprio interlocutore, né le sue intenzioni comunicative (ovvero perché ha detto qualcosa).

Le persone con autismo spesso non guardano negli occhi l’interlocutore o lo fanno in maniera sfuggente. Non ricorrono a gesti per sopperire in maniera appropriata alle lacune della comunicazione verbale o arricchire e dare particolare enfasi al discorso. Inoltre, spesso hanno un’espressione facciale piuttosto piatta. Il linguaggio del corpo, i gesti utilizzati e le espressioni facciali spesso non si sposano bene con gli altri aspetti della comunicazione. Alcune persone con autismo sono del tutto prive di espressione e non ricorrono ad elementi tipici della comunicazione non verbale. 

Le difficoltà nella creazione e nel mantenimento dei rapporti interpersonali si traducono in una vasta gamma di problemi che vanno dall’impossibilità di prendere parte a giochi immaginativi con i propri coetanei, alla difficoltà di adattare i propri comportamenti a diversi contesti sociali, di cooperare o instaurare delle relazioni amichevole con le colleghe o i colleghi, fino al completo disinteresse nei confronti degli altri. 


Comportamenti limitati e ripetitivi

Le persone con autismo adottano diversi pattern stereotipati e ripetitivi nei movimenti, nel linguaggio e, in generale, nel loro comportamento. Dondolarsi, scalciare, picchettare, o battere le mani contro il proprio corpo o quello degli altri sono solo alcuni esempi di movimenti. Tali elementi stereotipati possono anche manifestarsi nel linguaggio: ecolalia (ripetere quello che dicono le altre persone), porre le stesse domande; rimuginare continuamente sullo stesso tema; atteggiamenti idiosincratici (discorsi propri di un individuo con autismo che non possono essere compresi appieno da chi lo circonda), ecc. 

I movimenti e il linguaggio stereotipato sono spesso accompagnati da forme rituali del comportamento. Le persone con autismo a volte insistono sul seguire il medesimo percorso, mangiare gli stessi cibi, vestirsi allo stesso modo. A volte succede che piccoli cambiamenti dell’ambiente circostante o l’impossibilità di svolgere l’attività rituale causino un forte stress alle persone affette da questa sindrome. La forte insistenza sulla ripetitività nei minori in età prescolare con disturbi dello spettro autistico può essere associata a una maggiore predisposizione all’ansia in futuro (Baribeau et al., 2021).

Interessi ristretti e limitati sono considerati uno dei possibili sintomi dell’autismo. Tali interessi sono spesso atipici in termini di tematiche (ad es., un interesse nei confronti di argomenti inusuali) e/o di intensità (gli individui con autismo, infatti, tendono a dedicare molto tempo a un’attività). In determinate circostanze, è possibile utilizzare tale caratteristica delle persone con autismo per aiutarli a svolgere una determinata attività lavorativa. 

Sebbene le difficoltà nella rielaborazione delle informazioni sensoriali nelle persone con autismo siano ampiamente note, solo nel 2013 (APA, 2013) sono state riconosciute come uno dei criteri diagnostici chiave. Il disturbo dell’elaborazione sensoriale copre l’intero spettro autistico e riguarda tutte le fasce d’età. Alcune persone con autismo sono ipersensibili, quindi percepiscono determinati stimoli visivi e luminosi, odori e sapori come delle sensazioni estremamente spiacevoli. I rumori prodotti da alcuni macchinari, le luci, i dispositivi rumorosi, gli odori intensi e gli spazi chiusi, possono impedire anche alle persone con autismo più preparate di svolgere il loro lavoro in maniera efficiente. Dall’altra parte, esistono persone con disturbo dello spettro autistico che, invece, sono iposensibili, il che significa che reagiscono meno agli stimoli sensoriali, e a volte non riescono a sentire sensazioni come il freddo e il dolore. Le difficoltà dell’elaborazione sensoriale possono anche produrre una certa fascinazione per le luci, gli oggetti che ruotano, le vibrazioni, ecc. Pertanto, un individuo con disturbi dello spettro autistico potrebbe prestare più attenzioni alle parti meno funzionali di un oggetto o alle caratteristiche sensoriali, anziché all’oggetto stesso. 

L’autismo si sviluppa nel corso della prima infanzia, sebbene alcuni sintomi non siano subito evidenti. Man mano che l’ambiente sociale diviene sempre più complesso, i comportamenti delle bambine e dei bambini con autismo divengono sempre più evidenti. Può capitare che le persone con autismo ad alto funzionamento mascherino le loro difficoltà, utilizzando diverse strategie: si sforzano di guardare il loro interlocutore negli occhi, si servono delle frasi che hanno imparato, imitano le espressioni facciali, si prendono cura dello spazio interpersonale, ecc. La tendenza a celare i sintomi è piuttosto comune fra le donne con disturbi dello spettro autistico. 

Tutti i sintomi succitati compromettono in maniera significativa la vita sociale e lavorativa di questi soggetti (APA, 2013).


PATOLOGIE ASSOCIATE

È piuttosto comune che le persone con disturbo dello spettro autistico siano anche affette da altri disturbi del neurosviluppo, come il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) o disabilità intellettive, patologie psichiatriche o neurologiche che possono avere un impatto significativo sul comportamento, il funzionamento quotidiano e le conseguenze del disturbo autistico. Tuttavia, tali patologie spesso non vengono riconosciute, di conseguenza alcuni cambiamenti o regressioni nel comportamento, l’assenza di supporto o l’inefficacia delle terapie sono spesso attribuite all’autismo stesso piuttosto che alla comparsa di altre sindromi (Casanova et al., 2020). Tale quadro contribuisce a far aumentare il costo delle terapie e costituisce un’importante sfida per le famiglie.

Gli ultimi studi dimostrano che alcune patologie psichiatriche, come depressione o disturbi del comportamento fra i giovani con disturbi dello spettro autistico, possono mettere a dura prova le capacità di coping per i caregiver (Menezes et al., 2021). La patologia psichiatrica più comune nelle persone con autismo sono i disturbi del tono dell’umore (depressione e disturbo bipolare) e dell’ansia, con un’incidenza di circa il 18%. Le ultime ricerche dimostrano che i disturbi dello spettro schizofrenico sono più comuni di quanto si pensasse (Lugo-Marín et al., 2019). La comorbidità psichiatrica implica una maggiore cooperazione fra i servizi psichiatrici, i genitori, i servizi  riabilitativi, datrici e datori di lavoro, docenti, dal momento che l’intervento non può limitarsi alla somministrazione dei farmaci, ma anche al monitoraggio della malattia, fornendo un sostegno personalizzato e rimuovendo le barriere sociali e lo stigma associato a tali patologie. 

Alcuni disturbi del neurosviluppo quali ADHD e disabilità intellettive sono spesso associati all’autismo. Un tempo si pensava che la diagnosi dell’autismo escludesse quella da ADHD, ma numerosi studi indicano la possibilità che vi sia una comorbidità. Lugo-Marín et al. (2019), al termine di un’analisi dettagliata di 18 studi, ha concluso che un quarto degli adulti con autismo soffre anche di disturbo dell’attenzione e dell’iperattività. Le persone con tale quadro clinico di solito manifestano dei sintomi più gravi, soprattutto in ambito sociale, nonché una maggiore tendenza a svolgere attività ripetitive (Rosen et al., 2021). Le disabilità intellettive costituiscono un’altra comorbidità. Sfortunatamente, nel campo della ricerca volta all’individuazione di modelli e strategie atte a dare sostegno alle e ai giovani con autismo nel passaggio dalla scuola al mondo del lavoro, questo fatto è spesso ignorato, poiché gli studi di basano su un campione costituito da persone con autismo ad alto funzionamento. 

Naturalmente, i soggetti con comorbidità relative all’autismo e alle disabilità intellettive avranno un maggiore bisogno di sostegno sia all’interno che all’esterno dei luoghi di lavoro. L’epilessia, inoltre, è più comune in questi soggetti, assieme ad emicranie e mal di testa, ed è considerata una delle patologie neurologiche più diffuse nell’autismo. Tali disturbi possono avere un forte impatto sullo sviluppo, sia direttamente che a causa degli effetti collaterali dei farmaci utilizzati. Pertanto, “delle visite neurologiche periodiche sono indicate nell’autismo per garantire delle cure e un supporto adeguato”(Pan et al., 2020). Oltre, alle convulsioni, le persone con autismo sono costrette a ricorrere più spesso a cure a causa di altri problemi di salute come la costipazione e altre patologie del sistema gastrointestinale, problemi ai denti e perdita dell’udito (Failla et al., 2021). I disturbi del sonno aggravano la condizione di questi soggetti e dei loro genitori, portano spesso a un peggioramento del quadro clinico influiscono molto sulle capacità quotidiane. In alcuni minori affetti da autismo i disturbi del sonno possono essere associati all’eccessiva reattività agli stimoli sensoriali (Mazurek et al., 2019). L’autismo è spesso collegato anche ai disturbi alimentari. Fra le e i pazienti con disturbi alimentari, poco meno del 5% ha una diagnosi di autismo (Nickel et al., 2019). Tuttavia, è pur vero che tali problemi possono essere determinati da specifiche abitudini alimentari dei soggetti affetti da tale sindrome come la selettività nella scelta degli alimenti e i rituali legati ai pasti. 


EZIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO

La causa dell’autismo non è nota. Le ricerche condotte in merito fanno riferimento a numerosi fattori di rischio di natura genetica e ambientale. Si pensa che l’interazione fra più fattori di rischio associati e una predisposizione genetica individuale possano essere correlati al manifestarsi del disturbo. 

Nonostante siano stati individuati centinaia di geni associati all’autismo, è possibile dimostrare un legame fra autismo e mutazione dei singoli geni in un numero limitato di soggetti. L’architettura genetica (il relativo contributo di diverse variazioni geniche) dell’autismo è molto complessa, e gli studi condotti in precedenza indicano una straordinaria diversità causale (de la Torre-Ubieta et al., 2016).

Fra i fattori ambientali che possono costituire dei fattori di rischio per l’autismo ricordiamo: esposizione ad agenti inquinanti, pesticidi e altri agenti chimici in gravidanza, incluso il consumo di alcol e altre sostanze psicoattive o farmaci (ad es., acido valproico); infezioni (da rubella) nel periodo prenatale e post-parto; diabete gestazionale; ipocsia; parto prematuro; mancanza di acido folico, ferro, acidi grassi e vitamine nella dieta delle donne in gravidanza, complicazioni perinatali e postnatali, ecc. Numerosi studi citano anche l’età avanzata dei genitori fra i fattori di rischio (Styles et al., 2020).



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